Quinto Regno

In questa vasca

di deprivazione sensoriale

l’acqua non si oppone

e lascia che io affondi

dolcemente

dentro me…

Mi lascio andare

a tutto ciò che non m’aspetto,

galleggio senza gravità

nel liquido isotermico,

dove il mio corpo sembra adattarsi

gradualmente…

Chiudo gli occhi

non ricordo di preciso di averlo fatto…

mi ritrovo sospesa

come la combustione lattea

che si attorciglia a mezz’aria.

Come brezze in superficie

i miei sensi s’ espandono

ma in un altro dove…

nuoto

in un deserto di folla…

 Solitudini in cammino…

maschere erranti

inconsapevoli s’adoprano

cercando rimedi paralleli…

Troppe voci senza un fine

urlano al silenzio…

eppure sento

l’immensità della corrente

che inesorabile mi porta…

al Quinto Regno…

È tutto così diverso

Quassù…

Quaggiù…

non so dare una indicazione precisa

di dove mi trovo,

non mi sento in alto

e neppure in basso…

sono oltre le percezioni sensoriali umane

qui non si odono frequenze cardiache…

tutto intorno a me

scandisce i battiti…

Non ho paura,

voglio inoltrarmi

lungo le dune

di questo mondo indefinito

senza influenze esterne

ma…

C’è un’ombra che mi cerca

nell’altro mondo

non voglio che mi interrompa,

fermatela!

Ditele che non ci sono.

V.

 

Di seguito trovate gli scatti che hanno ispirato il mio testo, potete seguire questa artista sulle pagine instagram: @railwaysphoto @gea_life_art.

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Gli specchi

Alzò le braccia al cielo e cadde,

svampando come il ramoscello

arso dalla lava incandescente.

Così, senza un grido od un lamento,

perí l’ultimo nocchier dell’avanguardia.

La flotta, preda d’un terrore ignoto,

ammainati i baldanzosi drappi,

verso il patrio mar volse le prue.

Solo con la forza d’uno specchio,

l’ingegno smisurato d’Archimede

arse le possenti navi senza fiamma.

Fu forse all’ombra del vulcano

ch’egli partorì cotanta furia?

O fu un capriccio di quei Dei

che già pregammo invano?

Oh quante volte ignorarono la prece

d’un popolo in catene!

Qualsiasi cosa fu servì allo scopo.

Per anni le voraci orde dei nemici,

si ritirarono confusi dalla pugna,

tornando mesti sui lor passi.

Ora non salgo più su quelle dune,

ove il mio sguardo perso all’orizzonte,

cercava le vele dell’ennesimo invasore.

Adesso, sgombra da paure e gravi lutti,

ripensando ai flutti che celano i relitti,

quella calma ed accogliente spiaggia,

afflitta dal furor di tanti scontri,

a tutti pare inaccessibile scogliera.

V.

Vulcano Bromo, Indonesia 🇮🇩

Storie

A piedi nudi per la via

un bimbo tira calci

alla sfortuna…

Quasi nudo e sorridente

un altro tira sassi al cielo

mentre finge di volare…

In una via dimenticata

bimbi senza scarpe giocano

con scarti e bottiglie,

regalando ricchi sorrisi.

Dentro una baracca

sotto un ponte

una donna taglia e cuce

vestiti che mai indosserà,

sperando in una vita meno dura.

Un uomo senza denti

e dagli abiti consunti

accompagna il figlio

a scuola

benedicendo il suo futuro.

Storie viste e da vedere,

vissuti veri e giochi duri,

desideri consumati

nei giorni tutti uguali.

Sogni prestati all’occorrenza

imparando a vivere d’istinto

nelle notti senza tetto

finché non mutano le stelle.

V.

Malang, Indonesia.

Brucaliffo

Concludo questa serata fumando del narghilè.

Subisco involontariamente il fascino di certe liturgie profane.

Mi incantano i cerchi di fumo che si compongono, mi fanno sentire come il Brucaliffo.

Il tiepido relax del tabacco e delle parole mi porta a incamminarmi verso viali limitrofi.

Vorrei saper rapire il volto di ciò che muore lungo i solchi di questa sera, mentre l’erba schiocca il tempo al vento e scioglie senza sforzo la mia mente.

Giungo alla fine di un viale, sotto un tronco triste e perso, coi rami tetri, seducenti e un po’ spettrali. Attorno vi è solo terriccio e chiazze violette di petali caduti.

Mi siedo tra le radici fermandomi a cercare tregua cardiaca.

Sono in preda ad una calma feroce, è una strana sensazione.

Qui i pensieri si liberano più facilmente, mi addormenterei volentieri tra le braccia di quest’albero, tra il terriccio morbido, le foglie sgualcite e il tiepido venticello che saprebbe cullarmi fino alla stella del mattino.

Invece abbandono l’idea e allaccio le scarpe riprendendo a camminare.

La via percorsa resta alle mie spalle, quella da scorrere si apre lì davanti e in qualche modo mi riporterà dov’ero prima.

Questo sarà un altro luogo da aggiungere alla mia collezione di posti dove scappare per trovare pace momentanea.

Mi volto a guardarlo un’ultima volta mentre i piedi continuano a camminare.

V.

btucaliffo

Ringrazio Gaia per lo scatto, potete vedere le sue foto su instagram: Railwaysphoto

L’uomo allo Specchio

L’uomo lascia che le mani unite si riempiano dell’acqua gelata che scende dal lavandino.

Esegue meccanicamente il gesto circa una decina di volte.

Pensa che si dovrà sparare in endovena una smisurata dose di caffeina, per riuscire a reggere la giornata che lo aspetta.

Si guarda allo specchio e solca col dito le occhiaie.

Gli occhi sono lievemente arrossati e visibilmente stanchi, pensa che gli farà bene concedersi un’ ennesima serata in casa. Peccato che sia così poco sensato da non andare comunque a dormire prima delle cinque del mattino.

Spera che la caffeina sia in grado di trascinarlo in aria come uno shuttle, per non sentirsi parecchio spossato, provato.

Dovrà farsi venire la voglia di radersi la barba che cresce pigramente da giorni.

Sente di aver perso quel fascino che ha sempre fatto perdere la testa a molte donne.

E’ solo da mesi e l’astinenza si fa parecchio sentire, vuole ritornare in forma al più presto, deve cercare una soluzione.

Crede che al momento, una crepa sulla superficie liscia, sintetizzerebbe meglio uno stato mentale così illeggibile e distorto. Se si guarda allo specchio, stenta quasi a riconoscersi.

Sa che si sente cambiare, forse è la staticità che lo avvelena nel malsano risciacquo del banale.

Magari è solo molto stress.

Quello stress che gli ricorda che sarebbero mancati solo due giorni alla conferenza che forse gli avrebbe cambiato la vita. Ancora non aveva minimamente pensato al discorso da preparare…

La cosa lo rendeva decisamente nervoso e, il solo pensiero di dover essere al centro dell’attenzione, in mezzo a tanta gente, gli creava molta ansia.

Dunque decise di rintanarsi in una stanza d’albergo, la numero 892.

La stessa in cui è solito andare come rimedio per trovare la concentrazione adatta per scrivere.

La stanza era piccola ma piena dei confort necessari, situata in una zona silenziosa appena fuori dalla caotica città.

Dalla finestra si vedono un centinaio di alberi spogli, in file perfette come soldati.

Li trova così affascinanti e soli, sono tanti ma ognuno se ne sta immobile nel suo spazio, nella sua fila, senza che alcun ramo tocchi quello di un altro albero.

La solitudine dei suoi pensieri è dettata dalla sociopatia volontaria che vive. Era da anni che aveva chiuso con le persone che facevano parte della sua vita, diventando una sorta di “eremita da città”.

Continuava a far roteare la penna fra le dita, pensava fosse necessario farla girare spesso, per scrivere cose degne di essere lette più volte. Ama ciò che scrive, fino all’ultima virgola. Scrivere è il suo sistema per sfuggire alla morsa delle banali regole dell’esistere.

Il 13 febbraio è arrivato, l’uomo si guarda allo specchio con aria sempre più stanca ma infondo soddisfatta.

Era riuscito a scrivere ed imparare il discorso ma soprattutto a fare il nodo alla cravatta al primo colpo!.

La conferenza iniziò, una goccia di sudore stava scendendo dalla sua fronte per imperlargli il viso. Non si aspettava così tante persone, tutti quegli occhi puntati lo bloccavano.

Il suo libro era appena stato nominato tra i 5 finalisti al Premio Strega. E uno scrittore italiano non può chiedere di meglio che questo ambitissimo traguardo.

Spinto da altri scrittori seduti attorno a lui, cominciò il discorso uscendone mediamente soddisfatto.

Intrattenne per più di un’ora conversazioni brillanti e, lo champagne che di tanto in tanto arrivava in vassoi lucidissimi era decisamente buono e utile.

Quando il suo discorso finí, poté finalmente allentare il nodo alla cravatta che lo stava quasi impiccando.

Dopo qualche ora era pronto ad andarsene fiero di se e felice, ma… una donna, con due bicchieri di champagne, si avvicinò a lui per complimentarsi del libro con l’aria di aver voglia di intraprendere un discorso. L’uomo l’ assecondò.

Ci vollero pochissimi minuti per rendersi conto che c’era della indescrivibile chimica celebrale.

Quella sera, non fu la sua conferenza a cambiargli la vita ma quella conversazione, ciò che gli disse.

La mente di quella donna era un frattale vivente, una porzione riflessa di un intero più vasto, perfettamente funzionante.

Si era reso conto che stava parlando con un “NonUmano”…

V.

To be continued

Push the red button

Cari scrittori e lettori, condivido con voi un ironico ma allo stesso tempo veritiero racconto scritto apposta per il mio blog da Simone. E sono contenta e onorata per questo.

Vi lascio alla lettura e che possiate apprezzarne il testo quanto me.

~

Sono nel centro … ma non nel centro del mondo … ahimè, sono soltanto nel centro commerciale vicino casa…

Apro un bigliettino natalizio musicale, con le lucine che fanno da cornice ad una “frase da cioccolatini”, e mi sento improvvisamente molto più in sintonia con i cattivi dei film di James Bond, che sono sempre alla ricerca di quel famoso pulsantone rosso che farebbe sparire la razza umana …

Ma tutti oggi dovevano venire a fare la spesa?! … Sarò drastico … ma io credo che siamo in tanti, o meglio siamo in troppi … perché in fondo, i numeri si contano, ma le persone si pesano … e mentre peso le zucchine alla bilancia automatica … che numero sono? ah sì, 24 … dentro di me prende forma un’idea … non so da dove arrivi, si genera da sola … si auto costruisce … come i mattoncini colorati di Lego, che mi circondano in questo infinito labirinto dei balocchi … un’idea colorata …

“Sono fermamente convinto che la solitudine non sia il problema da risolvere, ma sia la soluzione al problema!” mi dico mentre raccolgo l’ultimo mandarino rimasto solo nella cesta …

Mi rendo conto che sono finite anche le arachidi … zero, nada, estinte … estinte … a proposito, vi rendete conto che siamo l’unica razza che ha il privilegio di poter scegliere se eclissarci per sempre … o fermarci prima, fare qualche passo indietro … qualche passo laterale … e ricominciare nella giusta direzione … e per quanto sia paradossale, non abbiamo ancora scelto … e nemmeno io ho ancora scelto … compro il cous cous o la quinoa, mhhh …

I rinoceronti bianchi non hanno la possibilità di scegliere di non essere bracconati … così come i coralli non possono scegliere di smettere di “fiorire” … ma noi questa fortuna ce l’abbiamo, e finora la stiamo sprecando …

Umani … Favoriti dalla sorte dovremmo chiamarci … qui in fila alla cassa, qualcuno di noi potrebbe addirittura vincere uno smartphone … … …

Eppure tutta questa sorte favorevole io non sento di meritarla … ci continuiamo a ritenere la razza predominante sul pianeta, ma dovremmo imparare a vederci un po’ più dall’alto … a decentrare la nostra attenzione, da noi stessi, a ciò che ci circonda … e per farlo non ci serve certo “Google Earth” …

Sappiamo solamente metterci al centro … e questa volta sì, ahimè … al centro del mondo …

Sono circondato da poesia in movimento, bellezze indescrivibili, e un’infinità di macchine in coda, in uscita dal parcheggio del supermercato … che fanno danzare i tergicristalli sui loro vetri appannati … c’è bellezza in tutto questo … eppure nemmeno la donna più bella del mondo sarà mai bella come un lupo che caccia al chiaro di luna … nemmeno il più tenero sorriso di un bambino, sarà profondo e sincero come gli occhi di un gorilla sotto la pioggia… nemmeno il più elegante reale d’Inghilterra, sarà nobile quanto la corsa di un cavallo sulla sabbia… al concorso di Miss Universo, dovrebbero partecipare anche i fiori … in lista per l’Oscar al miglior film, dovrebbe ricevere una candidatura anche la barriera corallina … e nei più prestigiosi musei delle grandi città, dovrebbero essere in mostra anche i fiocchi di neve …

Non siamo poi così bravi e belli come crediamo alla fine … Sarei curioso di vedere chi vincerebbe … a proposito, chissà chi ha vinto X-factor … fammi fare una ricerca sul pc …

Eppure siamo in grado di comporre epiche sinfonie … di scolpire statue eteree… e di creare divini poemi …

Ma non meritiamo le armonie di Mozart … i felini hanno orecchie più acute delle nostre, loro sì che sarebbero degni di tanta limpidezza … eppure la mia gatta sembra più interessata alle buste della spesa che ho appena appoggiato sul pavimento, piuttosto che al “Requiem in D minore” del più grande genio musicale mai esistito … che nel frattempo ho fatto partire su you tube …

Non meritiamo le sculture di Canova … la pelle dei serpenti è senza dubbio più pura della nostra … eppure potrebbero persino ritrovarsi ad ondeggiare, con la loro strisciante danza, sulle morbide curve marmoree di “Amore e Psiche” senza accorgersi neppure della perfetta levigazione del marmo, reso leggero e immortale …

Non meritiamo di studiare la “Divina Commedia” … gli ampi occhi di un’aquila sarebbero ben più preparati per accogliere cotanta luce poetica … eppure potrebbero persino ritrovarsi tra gli artigli l’immensa opera del Sommo Poeta, senza essere capaci neppure di leggerla …

Seguo le luci di Natale disseminate sulle ringhiere dei cancelli, come se fossi Pollicino e mi ritrovo a casa …

Queste ingiustizie mi annebbiano la mente, non so cosa è giusto, e cosa non lo è … sono confuso … non avevo comprato il latte di soia? boh, va beh …

Sotto il caldo getto della doccia, il caos del centro commerciale è già un ricordo … mi sento meglio … non mi sento adatto alle grandi masse … quando sono solo in una stanza, siamo già in troppi

Decido di guardarmi un film di 007, ma non riesco a fare a meno di pensare che quell’ultimo mandarino … proprio come me, forse stava meglio da solo, o sul suo albero, se solo non lo avessi raccolto dalla cesta… penso che in fondo, alla zucchina non serviva essere misurata e pesata da me per sentirsi più felice …

E penso che anche oggi, a differenza del cattivone del film, l’unico pulsantone rosso che ho premuto è quello per annullare la transazione del mio bancomat … proprio non mi resta in testa questo nuovo pin …

Vorrà dire che lo terrò come buono proposito per il 2018 … oppure potrei scriverlo nella letterina …

“Caro Babbo Natale, quest’anno vorrei che l’umanità si destasse dal torpore che si è autoinflitta, e che invertisse la rotta per poter preservare tutto ciò che di bello ancora esiste e resiste … oppure se proprio vedi che non è cosa, e non ce la fai a svegliarci tutti … fai in modo che faremo un bel sogno lungo una vita, di modo da non combinare più danni, perché nessuno di noi combinerebbe  danni, se seguissimo più spesso e con maggiore intensità il nostro sogno … e mi raccomando, ricordati di spegnere la sveglia!”

P.S.: salutami tu la Befana, e digli di non stare a passare da me, che con i tempi che corrono, dobbiamo cercare di limitare le fonti non rinnovabili come il carbone …

Buone feste a tutti quanti …

Simone Sendoh

Una scala per il Paradiso

Condivido le parole di Sofia, una ragazza nata nello stesso paesino delle mie nonne, situato nell’entroterra Siciliano. Parole per persone che ho conosciuto e che descrive nel modo migliore in cui poteva essere fatto. Buona lettura.

C’è una scala che, in questo momento, lega il cielo a Valledolmo.

E si sono ritrovati lì un uomo e una donna.

Aspettano entrambi che il Paradiso apra loro le porte.

E il Paradiso, lo so, li farà entrare insieme.

Lei è la storia del nostro paese.

Una donna, alta quanto una tazzina di caffè; una donna al cui cospetto anche i più grandi diventavano piccoli e che ha visto i più piccoli crescere, diventare grandi e lasciare il paese.

Sindaci, parroci, operai, professionisti, agricoltori, allevatori, casalinghe, insegnanti, bambini: tutti proprio tutti siamo passati dal suo sguardo inflessibile e sornione.

Lei, donna forte e volitiva, ha fatto diventare un Bar, IL BAR.

Al punto che quella stanza vicino alla Piazza, non è mai stata una semplice attività commerciale, no.

Quel Bar era lei.

Non era il Bar Sancarlo, era la zia Betta.

Lei ha visto cambiare il paese, per un secolo.

Con poche parole, parsimoniosi sorrisi e mani veloci è stata donna, capo e tacita enciclopedia del valledolmese.

È stata depositaria di segreti, confidenze, fatti e storie.

Davanti al suo bancone si sono consumati i riti mattutini dei pendolari e le vite di molti di noi.

Sotto il suo sguardo severo e tenero si sono alternati gli schiamazzi dei bambini e le discussioni degli adulti;

le maldicenze di gente con molta fantasia e la verità di chi si atteneva ai fatti.

Lei, dietro quel bancone, con l’età indefinita di una sfinge, ha raccontato le stagioni di Valledolmo tra una granita, un amaro e un torneo di briscola.

Ha tenuto testa a gente in cerca di quel po’ di alcool che lenisse il dolore e a gioventù, senza veli sul cuore, vogliosa di gelati, patatine e cioccolatini Kinder.

Lei, dietro quel bancone, il giorno che quell’uomo entrò al Bar e sparò, ha toccato con mano le colonne d’Ercole della pazzia umana e, per motivi che la ragione non comprende, ha visto morire il nipote.

Ecco, quando la morte entrò al Bar Sancarlo fu un giorno senza sole per tutto il paese.

E, da quel giorno, lei la cicatrice del dolore se la portò sulla pelle e tra gli occhi e il cuore.

Da quel mattino, il caffè fu più amaro un po’ per tutti ma, e il punto è proprio questo, fu sempre e comunque caffè.

Quasi come se lei volesse difendere, con il suo esempio quotidiano, la vita semplice che sopravvive al buio e un “buongiorno” perenne che non arretra di un passo dinnanzi alla notte.

Lui è un ragazzo buono, di quelli con la faccia baciata dal sole; di quelli che, nella vita, hanno avuto un solo grande amore; di quelli che, per coniugare i verbi al futuro, hanno dovuto lasciare Valledolmo.

Lui ha una storia fatta di profumo di sapone, estati celesti e campi verdi: verdi come gli occhi dell’unica donna che lui abbia mai amato; verdi come le porte del bagno del liceo dove lei disegnava cuori pieni delle loro iniziali; verdi come gli anni in cui entrambi si sono rincorsi, nascosti, cercati, voluti e tenuti per mano per le strade impolverate del paese.

Un sentimento cresciuto tra frangette, salopette, zaini, motorini, musica anni ’90, adolescenza e ricreazioni.

È stato un amore pulito.

Il loro grande amore pulito.

Un amore difeso dai “no”, protetto e custodito dagli occhi indiscreti; un amore cresciuto tra un gradino, una panchina e una piazza.

È stato quel tipo di amore che si è coperto di canzoni, poesie e dediche sul diario; che si è nutrito del coraggio della giovinezza e della convinzione che le anime gemelle possano incastrarsi anche tra un banco di scuola e le orme di un cantiere.

È stato l’amore ostinato e forte che ha avuto l’ardore di spingersi oltre le difficoltà fino a trasformare i “no” in “sì” e a consacrarsi sull’altare.

Quel giorno, sulle scalinate della Chiesa Madre, accanto a loro, accanto alla vittoria della loro unione , c’erano gli amici, i parenti e i sorrisi che solo l’amore può rendere splendenti.

C’erano anche loro due, sposi: giovani e felici tra un velo bianco e mille sogni colorati.

Poi è arrivata una valigia, una partenza per l’Italia che offre lavoro, mille saluti e altrettanti “Arrivederci”.

Lui ha preso la moglie per mano e ha spostato le loro radici altrove.

Tra nuove strade, nuove panchine e nuovi gradini, insieme, sono diventati una famiglia e con lo sguardo fisso verso il cielo hanno costruito una quotidianità sana: di quelle belle; di quelle genuine; di quelle che apri la porta di casa e c’è subito odore di terra, salsa e pane.

A Valledolmo tornavano spesso ed era sempre un tripudio di sorrisi, mani strette, abbracci sinceri e vigorosi.

E, come spesso accade quando un figlio di Valledolmo deve ripartire dal paese dopo una vacanza estiva, ci si salutava con un “Ciao”, così pareva che l’indomani si stesse ancora insieme tra il Pupo e il Bar della zia Betta: così pareva che Valledolmo fosse ancora quello degli anni ’90, quando bastava un “Ciao” per definire il futuro.

Lui era l’amico di tutti, l’esempio di come la dedizione, la sana fatica e l’impegno premino gli uomini di buona volontà.

Era uno di quegli uomini in grado di gridare “Ti Amo!”; uno di quelli nati per proteggere i sorrisi.

Tra un bicchiere di vino, un viaggio in macchina e la polvere di un palazzo da costruire, ha vissuto una vita illuminata dall’amore che non si ferma nemmeno davanti alle nuvole nere.

Una vita scandita da un caffè, dal sudore della fronte, da un pranzo, da una cena e, tutt’intorno, dal sentimento puro per l’unica mano che ha saputo contenere la sua: quella di una ragazza, in salopette, dagli occhi verdi con una canzone sulle labbra e il coraggio in fondo all’anima.

Ciao Ro, te ne sei andato volando, leggero, sull’amore ancora più puro per il cuore dei tuoi figli: l’unico luogo dove la morte non avrebbe mai dovuto bussare.

Proteggi la grazia del loro cuore e la dolcezza dei loro sguardi e continua a scortare la vita di tua moglie.

Fa’ che sia un “Ciao” lieve come il colore dei vostri sogni insieme.

Zia Betta e Rosario, Valledolmo vi deve tanto per le vostre vite comuni ma piene di fierezza, coraggio e ostinazione.

Mi piace pensare che, da domani, il Paradiso farà odore di caffè e sulla porta di San Pietro spunterà un cuore con dentro due iniziali:a indicare che l’amore ha un profumo semplice che si può incidere anche sulle nuvole.

Sappiate che il modo in cui entrambi avete sfiorato la mia vita è stato delicato, prezioso e gentile e oggi, insieme, vi siete andati a incastonare nell’angolo delle storie normali; le storie eroiche perché quotidiane: quelle storie di paese che decido di raccontare perché nessuno le disperda col vento freddo di Dicembre.

Sofia Muscato.

Valledolmo (PA)

50 Anni

Introduco questo racconto personale di un ragazzo dalla penna veloce, schietta e pungente. È da un po’ che lo seguo e trovo forte ed anche teatrali i suoi monologhi.

Vi avviso che il testo contiene parolacce ed imprecazioni, ma tanto nessuno qua si scandalizza! Buona lettura!

Mi immagino a 40 anni…

anzi a 50

facevo il figo perchè fino all’anno prima non avevo manco un capello bianco…

poi mi sveglio un giorno

mi guardo allo specchio appannato a fianco al cesso sgommato di mmerda

e puff

magia:

di colpo ho tutti i capelli bianchi

bianchi come escrementi di piccione

fantastico

vecchio tutta di un colpo

cazzo vi devo dire

sarà la droga

disoccupato,

colpito e affondato su un sofà impolverato,

in mutande PRIMAL,

assolutamente fuori forma:

dicevano che sarebbe arrivato il periodo “atletico”

dopo i 40:

infatti

in preda ai sensi di colpa di una vita dissoluta

ti iscrivi in palestra,

fai cose incredibili e fantascientifiche come fare jogging,

con una tutina fosforescente alle 6 e mezza di mattina,

d’inverno

0 gradi

per me quel periodo non è mai arrivato,

troppo marcio per ripulirmi,

i pensieri cattivi di sta testa malata hanno infestato tutto il corpo,

come metastasi…

sono irrecuperabile.

fanculo

guardo la tv

un luminoso 50 pollici,

comprato rigorosamente a rate…

porca puttana

finirò di pagarlo quando sarò morto,

arriverà il recupero crediti alle porte dell’inferno

e chiederà di me:

“IN CHE REPARTO STA PABLO FRIDA?

dov’è ricoverato?”

“sta all’Ospedale dei VECCHI DEPRAVATI

prego

di qua

e io mi nasconderò nelle fiamme

non mi troveranno

sti infami

Signorini è il nuovo presidente della Repubblica,

Fedez è il nuovo Vasco…

porca troia

risvegliatemi da questo incubo,

prendetemi a schiaffi,

versatemi in testa dell’acqua gelata…

nell’altra stanza c’è mio figlio,

avuto dalla mia ex…

non l’ho mai sposata

odio i matrimoni,

le ho detto che se voleva potevamo sposarci al cimitero,

vestiti a lutto,

di nero

con un bouquet fatto di crisantemi…

perchè il matrimonio è la morte di un rapporto

non riusciva più a sopportare ste cazzate,

e allora è andata via.

la vedo quando viene a portarmi Pablo Junior,

che è uguale e spiccicato a me fisicamente:

magro, occhi da cinese…

mi sarebbe piaciuto che assomigliasse a lei,

almeno era come averla ancora qui

con me

in casa

e invece no

sembra sia solo figlio mio

come se lo avessi partorito dal culo

bbastardo

beh

comunque

dovete sapere che sono orgoglioso di mio figlio:

Pablo Junior è un famoso youtubuer,

e sta tutto il giorno a fare video davanti al pc

12 anni di puro ritardo ragazzi…

purissimo

ma oggi voglio recuperare il nostro rapporto,

si,

perchè credo ancora nell’ alchimia che si può creare tra padre e figlio

allora mi alzo dal divano,

mi gratto le palle e mi annuso le dita

mmm

sanno di sotto palla

bbono

apro camera sua e faccio:

“Ei Pablo

che fai?

andiamo a farci un giro al Valentino?”

e lui

NO PAPà CAZZO

ESCI SUBITOO

NON VEDI CHE STO FACENDO UNA CHALLENGE!?

ed è in quel momento che penso

rrca troia

forse

e dico forse

era meglio un figlio eroinomane.

Pablo Frida

La Cura lontana

Al momento, tra gli innumerevoli stati d’animo che mi porto dentro, la nostalgia è superiore a tutti.

Questo perché lo scorso anno, a quest’ora, chiudevo lo zaino di viaggio e aiutavo Jacopo a finire il suo, per poi partire all’alba verso un luogo che mi ha segnata profondamente.

A distanza di un anno potrei raccontare ogni singolo particolare.

È tutto ancora così nitido…ci penso e non reggo il confronto con la realtà attuale.

Cara amata, Cara mia Thailandia, sei riuscita a farmi ripudiare qualunque altro luogo che ho conosciuto, soprattutto quello dove vivo.

Sono qui senza te che resisto all’inverno milanese. È una sconfitta aprioristica per chi è nato col sole dell’estate ed ha vissuto il tuo calore.

Sono qui che sopporto le vuote formalità nel mio adattarsi quotidiano, per vincer l’apatia e resistere alla noia.

Ho l’anima appiccicosa che stancamente arranca, per cercare di riempire i miei vuoti interiori…

Mi sento come il pittore che non riesce a dipingere la nebbia.

Senza stimoli e pulsioni, sembra di percorrere un mondo che va per la sua strada senza un cane che mi ascolta.

Cara Thailandia, Cara Cura, quanto bisogno di una tua purificazione ho adesso, dei tuoi bagliori visibili oltre il margine del buio.

Dei benefici influssi capaci di guidare i miei passi e rendere sottile ogni pensiero infelice.

Ma ora sei lontana e il mio tempo per questo anno manca al nostro incontro.

Ma io arrendermi non voglio, ed arrendermi non posso e troverò una via d’uscita per strappare l’anima al torpore che l’afferra.

V.

Chiang Rai, Thailand

A tavola con persone sbagliate

Mi è capitato di sedermi

ad un tavolo di persone

che con me non c’entravano niente.

Intitolai quella sera:

“Il tripudio ottuso dell’idiozia”.

Il menù della cena si presentava

con l’insensata passività delle idee,

quell’ipocrita ed insulsa pesantezza

che lacera l’acciaio

e si nutre di certezze granitiche,

disgustose

come vermi di filo spinato.

Anche il vino di quel banchetto

mi fu amaro come

il più rancido dei veleni

dunque ci misi poco a decidere

di alzarmi e andar via.

Ripensando a quel momento,

sono solo fiera della scelta che feci.

Uscita dal ristorante

quella notte,

dissolsi il mio tempo

nel più nobile

dei sospiri.

Diedi un bacio alla Luna

e mi sentii più leggera e viva,

promettendomi

di non bere

neanche un goccio di vino

con persone non affini

che avrebbero rubato

anche solo un minuto

del mio tempo.

V.

a tavola con gente sbagliata