Insidia virale

Come un soffio silente

sei giunta tra la quiete

dei nostri tempi

e con malevolenza

ti sei diffusa tra le nostre

abitudini

diradando le nostre

felici compagnie,

il tuo essere incorporeo

ti fa ancora più abbietto così

da farti forza ed attecchire

sui deboli,

ma la nostra arditezza

non si lascerà da te sopraffare

ed apertamente non cederemo

al disarmo;

vile sostanza dalle sembianze indolenti

il tuo corso volge alla fine

perché dove esiste l’amore

verrai messa al bando

e seguitando ad abominare

la tua origine

raccoglieremo la nostra

desiderata armonia.

Giovanni Celardo

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Di fianco a me

Di fianco a me

Non mi importa guardarti … mi basta sentire che sei qua, al mio fianco,
Sentire il tuo respiro e percepire i tuoi sogni da ogni minimo movimento che fai .

Non mi importa guardarti, mi basta sapere che in quei pochi secondi in cui aprirai gli occhi per poi richiuderli e tornare nel buio dei sogni, mi cercherai con le tue mani, come se volessi assicurarti che io sia ancora lì di fianco a te.

Non mi importa guardarti perché il tuo profumo resta indelebile in questa stanza , che tu ci sia o meno.

Non mi importa guardarti, a patto che i tuoi sogni continueranno a riempire il vuoto della notte , il tuo profumo avvolgerà ogni singolo oggetto e le tue mani mi cercheranno per sempre nel nostro piccolo infinito caotico .

Martina Patruno

Potete seguire il blog di Martina “Viaggio Virtuale” che parla di racconti ed esperienze personali, vi lascio il link: https://martinapatruno2810.wixsite.com/website

Nuovo domani

Se del tempo hai creduto di non averne più,
Guardati dentro e del rimasto fanne virtù,
Tic tac è probabile che ne sarai sazio,
Chiudi gli occhi e vai oltre ogni spazio.

Evadi da questa terra senza paura,
Eccola lì..la strada di madre natura
Non esserne persuaso,
Nulla accade per caso.

Genera rispetto per il creato
Ogni giorno regalato,
È un frutto dell’albero del passato.

Solo ora ritorna
La vita può riprendere forma
Sei finalmente pronto,
la natura di te si contorna,
Hai pagato il tuo conto
lascia la tua orma.


M.B.

Via d’uscita

L’uscita è indicata

ma la distanza potrebbe essere lunga…

Corro zoppa in questa gara

ma con una motivazione che gli altri

non avranno mai.

Sento il freddo nelle vene degli aghi,

il caldo delle arterie

ma corro, continuo a farlo!

Non vedo l’ora di uscirne.

Le mie forze sono tutte lì,

nei miei arti zoppi,

nei miei sostegni,

arte e affetti

stampelle e protesi.

In voi la mia energia

la mia forza propulsiva

per incontrare il futuro

appena fuori dalla porta…

Gaia Gea Anastasio

BUONA PASQUA 2019

Cari Amici aggiungo ai miei voti augurali le riflessioni e gli auspici di iago. Buona Pasqua a Tutti.

Cara Valentine, ogni anno la Quaresima ci ricorda la necessità di compiere un cammino per comprenderci e sorprenderci.

È un percorso interiore, spesso faticoso, che cerchiamo di rimandare o sostituire con la più comoda autostrada commerciale, il surrogato del dono, l’effimero regalo, il tributo necessario, l’alibi per non fare i conti con se stessi e con gli anni che passano.

Ogni anno che passa imparo qualcosa, ma la vastità che ignoro è il limite che non riesco a misurare. La siepe che mi impedisce di guardare l’interezza di un’avventura affascinante.

Il 2019 porta anche il peso e la responsabilità degli anacronismi e delle idee stantie che ostacolano il cammino dei cittadini verso la consapevolezza dei propri diritti.

La consapevolezza, cara Valentine, è ciò che ci permette di essere sempre vigili e di vivere il presente per sentire, crescere, amare e dare forma alle cose ed ai progetti, tenendo a bada chi vorrebbe innestare nelle Nostre menti il “pilota automatico” per farci perdere il contatto con l’unico momento che conta, quello presente.

Invito, quindi, chiunque sia interessato a recuperare la ricchezza dei propri momenti: ad essere presente a se stesso, ad uscire allo scoperto per rivendicare i propri diritti, ad essere consapevole dei propri doveri, ad essere pronto a vivere il cammino che ha scelto di intraprendere, senza lasciarsi sopraffare dall’indottrinamento che lo spinge e lo considera “consumatore”.

La Pasqua è una festa importante, la soglia che cadenza il dogma del ritorno e, indipendentemente dalla fede, riguarda Tutti: nell’alternanza tra il giorno e la notte, la gioia e la tristezza, la sofferenza e la speranza.

Ogni giorno percorriamo le strade conosciute indossando la monotonia del conformismo.
Ogni giorno chiudiamo gli occhi per non vedere che alberghiamo in una società impersonale, boriosa, supponente, tristemente incapace di mettersi in discussione.

Che uomini siamo? Fino a quando riusciremo a turarci il naso per sopportare il tanfo di sentina emanato dai pensieri contorti di una classe dirigente senza slancio morale, tenacemente avvinghiata alla poltrona e ai privilegi?

Fino a quando riusciremo a voltare le spalle ai problemi dell’oggi che ipotecano il futuro?

Fino a quando fingeremo di non capire che senza democrazia, giustizia, educazione, fiducia, condivisione e responsabilità sociale, precipiteremo nell’abisso?

Quale cinismo domina l’agire? Esistono temi che devono essere affrontati per non farli naufragare, sebbene costituiscano la trama e l’ordito di qualsiasi tessuto collettivo che voglia definirsi civile.

Quando il modello di sviluppo in auge, segnato: dall’imperante hybris tecnocratica, dalla voracità di quattro porci a piede libero, dalla temibile corruzione politica, dall’eccezione permanente, dall’analfabetismo etico-culturale, dall’ignavia e dall’irresponsabilità individuale dei custodi della legge, dalla demolizione dei diritti, dallo smantellamento del welfare, dalla precarizzazione sociale, dalla collusione dei media e dall’incapacità di capire quando è il momento di fermarsi; incrocerà il furore del popolo, che faremo?

La fame non conosce legge e due sono i potenti: chi ha molto e chi non ha niente.

Per tutti arriverà il giorno del redde rationem e allora si dovrà scegliere senza ipocrisia, dando a ciascuno il suo: “Reddite quae sunt Caesaris Caesari et quae sunt Dei Deo”.

Guardiamoci allo specchio e interroghiamo l’immagine con la consapevolezza di chi non può mentire a se stesso e, forse, alla fine del cammino scopriremo: il lampo che illumina la notte, luce che rischiara la necessità di custodire ciò che ci appartiene; il calore di chi ci ama, la gioia del cuore; la viva fiamma della Pasqua che avversa la tempesta e non si spegne.

In questo Nostro tempo frettoloso dobbiamo cogliere l’istante del contatto e le sue infinite possibilità per riscoprire il vero senso della vita, superando i laceranti compromessi e la fragilità delle parole.

Dobbiamo sforzarci di vivere con gli occhi aperti per imparare dagli errori, sempre pronti a rialzarci dopo le cadute, predisposti all’ascolto dell’altrui disperazione e preparati ad aggredire le ingiustizie.

E quando le delusioni prevarranno e la vita ci sembrerà insopportabile potremo ancora scegliere di essere liberi, anche dalla convinzione di sentirci vittime delle circostanze.

Questa è la vita, il filo teso tra l’alta vetta e la caduta. Qui non si torna indietro, si resta e si combatte senza vacillare. Nessuno scappa e nessuno si ammutina.

Solo i codardi scappano di fronte alle difficoltà e alle intemperie della vita. Solo i codardi abbandonano il campo di battaglia.

Solo i codardi meritano la poesia che dedicai ad un loro insigne rappresentante:

Semplicemente,

non c’è volontà di crescere e capire.

Con le palpebre chiuse è facile cadere.

Atona è la voce di un volto senza luce.

Dimmi cosa resta della tua anima tradita?

La ragione non dà scampo,

solo l’anima ti resta

mentre il corpo cede il suo vigore.

Sei solo l’ombra di un’idea,

l’accento di un codardo

e la mia speranza aspetta

il riscatto del vile.

Per chi ha fede la Pasqua rappresenta la gioia di una vita nuova, la gloria di Gesù che sconfigge la morte e indica il cammino.

Per i non credenti la Pasqua ha tanti significati differenti.

Auguro a Te e agli amici di riconquistare il tempo da dedicare alla gioia degli affetti e al calore delle emozioni, incidendo ogni istante nel grande libro della vita… che non finiremo mai di leggere.

Auguri, iago.

Pedalando sui Pensieri

Simone Sendoh mi regala un secondo racconto che con molto piacere condivido qui con voi. Buona immersione cari lettori… 

07:10 a.m. la sveglia canta la sua condanna uccidendo ciò che rimaneva dei miei sogni notturni … fuori l’aria è fredda e la pedalata che mi aspettava per arrivare in ufficio non mi allettava troppo … cerco di distrarmi da questo mood, leggendo qualche notizia, mentre inganno il mio stomaco con qualche biscotto lasciatomi la sera prima da un’amica … scorrendo le notizie leggo che oggi , 14 Settembre sarebbe stato il compleanno del giornalista Tiziano Terzani … non molto tempo fa mi ero ritrovato a leggere un suo libro postumo, una raccolta dei suoi appunti di viaggio, che condivideva con la moglie Angela, una sorta di diario che spediva dai paesi lontani in cui viveva … lui il suo lavoro lo amava, e questa sua passione la si avvertiva nei suoi scritti, riusciva sempre a trasmettere un senso di pace, di leggerezza e di consapevolezza, che raramente ho riscontrato in qualcun altro, o in qualche altro testo … avrei fatto tardi, ma decido lo stesso di sfogliare quel libro, per cercare l’ispirazione necessaria a farmi iniziare la giornata … era così nitida la sua coscienza del momento presente, nei suoi appunti lo si percepiva chiaramente! Non dava nulla per scontato e si sentiva grato anche dei più piccoli gesti che percepiva … il canto degli uccellini mentre faceva jogging o la melodia dei tasti della sua vecchia macchina da scrivere … e così trovo il coraggio, decido di sorreggermi su queste consapevolezze e cerco di portare dentro al mio cosmo quel flusso di sensazioni, per proteggermi da ciò che mi riserverà questo martedì mattina …

Ipnotizzato dalla ruota anteriore della mia bici, entrai in uno stato mentale inaspettato … meditare non significa bruciare un incenso, accendere qualche candela, e ascoltare musica rilassante, ma significa trovare una connessione con noi stessi, c’è chi ci riesce camminando, chi nuotando, ed è così, che pedalando, in modo del tutto non programmato mi sono reso conto come in fondo è tutta una questione di approccio, e prospettiva … avrei potuto presentarmi al lavoro con il morale alla rovescia, non avevo nessuna intenzione di buttare via il mio tempo in quel modo e in quel posto, avrei potuto lamentarmi col destino, perché nei molti trat­ti di strada, dove le case coprivano il timido sole del mattino, il freddo si faceva sentire, il vento era tagliente … avrei potuto tenere lo sguar­do basso, seguendo la monotonia che l’asfalto dona ad ogni strada … avrei potuto approcciare questa giornata come tante altre mattine … oppu­re, senza cambiare niente, di ciò che mi circondava, avrei potuto de­cidere semplicemente di prendere le cuffie e farmi cullare da una bella chitarra aborigena … avrei potuto alzare il mio sguardo, e accorgermi che nonostante fossi l’unico in sella ad una bicicletta, a patire il freddo, tutti gli altri chiusi nelle loro automobili riscaldate, parevano arrabbiati e frustrati, e si impegnavano ad imprecare contro il traffico … più prendevo atto di questa nuova realtà e più mi sentivo volare leggero, cominciai a cantare, e senza accorgermi stavo dipingendo un sorriso sincero sul mio volto! La sensazione si radicava in me e potevo permettermi di distrarmi ad immaginare le semplici emozioni che provavano due cani che si incontravano in un parco, mentre trainavano i loro padroni a loro volta legati al guinzaglio di uno smartphone… e quando mi sono reso conto di poter avere una scelta, ho sentito come una consapevo­lezza formarsi in me, che mi ha fatto sentire sollevato, mi ha fatto rendere conto di essere fo­rtunato! Si è vero stavo per andare al lavoro, e avrei passa­to il mio tempo, in un modo che non mi piaceva, ma come pote­vo non essere felice, io ero libero, ave­vo le braccia aperte come ad abbraccia­re tutto questo mondo che mi faceva stare bene, io cantavo, io ridevo!

E inebriato da questa gioia mi sono perso in labirintici percorsi, che mi hanno portato a ritroso nel mio passato… mi ricordai di come da bambino, fossi appassionato di pallacanestro, e desideravo tanto una felpa di Jordan, proprio ora ne stavo indossando una … il freddo era scomparso, e sollevando le maniche, scoprii alcuni dei miei tatuaggi, quando ero adolescente sognavo tanto di averne uno, e ora sulla mia pelle ne avevo una doz­zina … ho tirato giù il cappuccio, e il vento mi spettinava i capelli, da ragazzo ho sempre provato a farmeli crescere e adesso sono un paio di anni che li tengo lunghi … mentre scrivo queste parole mi rendo conto che suonano così banali, possono sembrare anche frasi fatte, ma in quel momento, vivendo in prima persona quelle semplici emozioni, era impossibile non capire che la vera felicità non è negli altri, non è in ciò che ci dic­ono, o in ciò che ci viene negato, non è in un rapporto, o nella sua mancanza, non è in un lavoro, o in una vacanza, ma si trova dentro di noi, si trova ovunque, è in ognuna di queste cose e in nessuna di esse, la felici­tà può essere in qualsi­asi cosa, se l’approc­cio che abbiamo è quello giusto, se la nostra propensione è positiva! È banale lo ammetto, ma è anche così semplice, puro e vero, che non ho provato vergogna, a sentirmi felice semplicemente perché ho i capelli lunghi, o per avere la pelle coperta di inc­hiostro, è la gioia di un bambino che desiderava la maglietta del suo giocatore preferito, per sen­tirsi come lui, per immaginare di volare e di saltare come faceva lui! Noi siamo anc­ora capaci di provare queste sensazioni, ma purtroppo ci di­straiamo troppo spesso, non ci diamo l’occasi­one di farlo, per non risultare infantili o appunto banali, ma ci stiamo precludendo un’opportunità, perché siamo noi a fare la scelta di soffermarci sui punti in cui l’omb­ra ci fa sentire il freddo, o sul fatto che essendo in bici, dobbiamo fare fatic­a, o che è così stan­cante avere uno zain­o, un borsone e un pallone tutto quanto in groppa sulla bici, e invece baster­ebbe renderci conto che dentro quel borsone c’era un cambio di vestiti, per poter andare a gio­care a basket in pau­sa pranzo, in un campe­tto appe­na costruito proprio di­etro al mio ufficio! Mi basterebbe ricordar­e che quando da bambino, iniziando a gio­care a pallacanestro, mi appassionavo a Slam Dunk, un manga da cui è stato tratto un anime sp­assosissimo, rimanevo così ammir­ato da questo personaggio di nome Rukawa, che andava a scuola con il pallone sotto brac­cio, con la sua bici­cletta e la sua musica in cuffia, e io speravo tanto di poter esse­re come lui un giorn­o, ma Rukawa è un ca­rtone animato, non esiste, non deve pagare un mutuo, non deve fare un lavoro che non gli pi­ace, è ovvio che risulta perfetto, è imbattib­ile, e finché noi se­ttiamo la nostra def­inizione di felicità su questi modelli che la televisione o i social ci impongon­o, noi perderemo sempre, come possiamo battere un tizio che non deve nemmeno perdere tempo per and­are al lavoro, lui gioca a basket e bast­a!

Ma seppur in rita­rdo, ho finalmente capito che i sogni bi­sogna semplicemente interpretarli! I sog­ni che facciamo ment­re dormiamo si sa, vanno interpretati per carpirne il mess­aggio nascosto, e lo stesso vale per i sogni che facciamo ad occhi aperti, anzi, forse ancora di più, perché sono più lucidi … e lo stesso vale per quei sogni fantastici che fa­cevamo da piccoli, bisogna solamente adattarli alla vita reale per dar­gli un significato! Io sognavo di dive­ntare come Rukawa e ora mi ritrovavo su una bicicletta proprio come lui, con i capelli lunghi proprio come lui, con un pallone sottobra­ccio proprio come lui, con la musica in cuffia proprio come lui … e sto anda­ndo al lavoro, e fa freddo, e sono stanco e affaticato … ma ancor di più mi se­nto grato per la mia vita, per le perso­ne che mi hanno perm­esso di essere qui, per la gioia che mi circonda, per i trat­ti di sole che mi sc­aldano, per il vento che mi spettina e gli uccelli che canta­no e che mi salutano quando passo, ogni mattina, nello ste­sso punto! La felici­tà si trova dentro di sé non al di fuori e capisci che tutto questo non è un banale cliché solo quando lo raggi­ungi e lo senti davvero, e per raggiungerlo bisogna lavorarci molto, bisogna fare fatica e avere la pazienza di commettere sbagli… ma ci sono giorni come questo … giorni che potevano essere compleanni, per qualcuno che ora non c’è più … giorni che sono stati legg­eri, pieni di consap­evolezza e gratitudi­ne provata in qualche parco di Beijing, ne­gli anni 70, per il mio “maestro” Tiziano Terzani… giorni in cui, per essere fe­lice, non serve nien­t’altro che pedalare … meditare … asco­ltare ciò che ci cir­conda e ciò che abbi­amo dentro e dire semplicemente gr­azie per tutto questo…

Simone Sendoh

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La prima Ira

Grazie ad Eleonora Viggiani per avermi donato un altro suo scritto da condividere con voi.

~

In questi giorni che finisce un’era mi ritrovo con non poca Ira, che se non era per sua parola sarei sospesa ben oltre l’ora.
Per ogni mai che prendo al tempo reggerò il gioco a un giorno intero. Passerà luna, camminerò ombre sulle sue onde alzate al mare nei giorni a te che resti chino sopra lo specchio e cerchi me nel suo riflesso, ma non ti accorgi dei giochi, falsi assi nella partita che fai di me.
Se pur vittoria, che cosa resta per dono a me?
Volevo te senza clamori, speravo te senza preghiera, ed ora guardo solo la scia che segna il passo solco di te.
Il cielo aumenta di volta in volta e mi trasporta lontano in se che non ritrovo neanche l’onda che mi richiama per farsi me.
Son dove sono e come sono lo vedo in te che sei disperso al capoverso cercando me.

Eleonora Viggiani

Donna di cuori

Un sentito ringraziamento ad Eleonora per avermi donato il suo scritto da condividere con voi.

~

Donna di cuori è anche al rovescio come se fosse di fronte a uno specchio per decidere del suo alterego. Penso a lei qui dentro, la penso da un pò anche se non m’appartiene che nel ricordo. Penso a lei magnifica e superba, lei che ora mi guarda di traverso e vede al rovescio. È infelice per ciò che non ha, perfettamente attenta a crogiolarsi nelle mancanze e nei vuoti di colore. È  divenuta assenza di cuore a cui manca lo spazio per esserci, e par dirmi che invidia anche la moltitudine della mia solitudine. Rampicante urticante dove non cresce altro, fiori giallo zolfo per ogni lacrima che strappa, ma gliele concedo a speranza che cada da lì dov’è abarbicata. È la cima più alta della torre più bella ma vorrebbe comunque frantumar le altre perché non le governa. Mal sopporta il riflesso di sé e gioca a scacchi sola per non perder nessun re. Non ride, non crede, non brama alcun erede. Si strugge e distrugge. Non chiede, pretende. Gialla rosa di vetro donata ad ogni mio inverno, trama svelata di una fiaba mal celata, amore non degno perché senza pegno. Ma lei non mi guarda, bugiarda sorride e graffia la faccia. Per ora è scomparsa, sommersa, ma so di volerla. Non ora, non qui, ma da qualche parte si.

Eleonora Viggiani