L’uomo lascia che le mani unite si riempiano dell’acqua gelata che scende dal lavandino.
Esegue meccanicamente il gesto circa una decina di volte.
Pensa che si dovrà sparare in endovena una smisurata dose di caffeina, per riuscire a reggere la giornata che lo aspetta.
Si guarda allo specchio e solca col dito le occhiaie.
Gli occhi sono lievemente arrossati e visibilmente stanchi, pensa che gli farà bene concedersi un’ ennesima serata in casa. Peccato che sia così poco sensato da non andare comunque a dormire prima delle cinque del mattino.
Spera che la caffeina sia in grado di trascinarlo in aria come uno shuttle, per non sentirsi parecchio spossato, provato.
Dovrà farsi venire la voglia di radersi la barba che cresce pigramente da giorni.
Sente di aver perso quel fascino che ha sempre fatto perdere la testa a molte donne.
E’ solo da mesi e l’astinenza si fa parecchio sentire, vuole ritornare in forma al più presto, deve cercare una soluzione.
Crede che al momento, una crepa sulla superficie liscia, sintetizzerebbe meglio uno stato mentale così illeggibile e distorto. Se si guarda allo specchio, stenta quasi a riconoscersi.
Sa che si sente cambiare, forse è la staticità che lo avvelena nel malsano risciacquo del banale.
Magari è solo molto stress.
Quello stress che gli ricorda che sarebbero mancati solo due giorni alla conferenza che forse gli avrebbe cambiato la vita. Ancora non aveva minimamente pensato al discorso da preparare…
La cosa lo rendeva decisamente nervoso e, il solo pensiero di dover essere al centro dell’attenzione, in mezzo a tanta gente, gli creava molta ansia.
Dunque decise di rintanarsi in una stanza d’albergo, la numero 892.
La stessa in cui è solito andare come rimedio per trovare la concentrazione adatta per scrivere.
La stanza era piccola ma piena dei confort necessari, situata in una zona silenziosa appena fuori dalla caotica città.
Dalla finestra si vedono un centinaio di alberi spogli, in file perfette come soldati.
Li trova così affascinanti e soli, sono tanti ma ognuno se ne sta immobile nel suo spazio, nella sua fila, senza che alcun ramo tocchi quello di un altro albero.
La solitudine dei suoi pensieri è dettata dalla sociopatia volontaria che vive. Era da anni che aveva chiuso con le persone che facevano parte della sua vita, diventando una sorta di “eremita da città”.
Continuava a far roteare la penna fra le dita, pensava fosse necessario farla girare spesso, per scrivere cose degne di essere lette più volte. Ama ciò che scrive, fino all’ultima virgola. Scrivere è il suo sistema per sfuggire alla morsa delle banali regole dell’esistere.
Il 13 febbraio è arrivato, l’uomo si guarda allo specchio con aria sempre più stanca ma infondo soddisfatta.
Era riuscito a scrivere ed imparare il discorso ma soprattutto a fare il nodo alla cravatta al primo colpo!.
La conferenza iniziò, una goccia di sudore stava scendendo dalla sua fronte per imperlargli il viso. Non si aspettava così tante persone, tutti quegli occhi puntati lo bloccavano.
Il suo libro era appena stato nominato tra i 5 finalisti al Premio Strega. E uno scrittore italiano non può chiedere di meglio che questo ambitissimo traguardo.
Spinto da altri scrittori seduti attorno a lui, cominciò il discorso uscendone mediamente soddisfatto.
Intrattenne per più di un’ora conversazioni brillanti e, lo champagne che di tanto in tanto arrivava in vassoi lucidissimi era decisamente buono e utile.
Quando il suo discorso finí, poté finalmente allentare il nodo alla cravatta che lo stava quasi impiccando.
Dopo qualche ora era pronto ad andarsene fiero di se e felice, ma… una donna, con due bicchieri di champagne, si avvicinò a lui per complimentarsi del libro con l’aria di aver voglia di intraprendere un discorso. L’uomo l’ assecondò.
Ci vollero pochissimi minuti per rendersi conto che c’era della indescrivibile chimica celebrale.
Quella sera, non fu la sua conferenza a cambiargli la vita ma quella conversazione, ciò che gli disse.
La mente di quella donna era un frattale vivente, una porzione riflessa di un intero più vasto, perfettamente funzionante.
Si era reso conto che stava parlando con un “NonUmano”…
V.
To be continued
