Ai Confini Improbabili

Sono stata strega, fata, fantasma, angelo e demone.

Ho varcato il Quinto Regno ed ho dormito dentro alle fauci dei draghi.

Ho nuotato nel liquido isotermico, bevuto idromele al sorgere della nuova Luna e presidiato il Sabba sulle spalle di un gigante.

Ho seppellito il Malleus Maleficarum e tradotto il Manoscritto di Voynich.

Ho teletrasportato Battiato ed evocato Stravinsky sulla prospettiva Nietzsche.

Mi sono mossa come una dinamo su hertz non ancora scoperti e tinto i capelli con colori che non esistono.

Ho attraversato la banchisa artica con una candela mentre sottolineavo libri mai scritti.

Ho sovvertito l’ordine del tempo riportando in vita il Duca Bianco.

Ho camminato lungo viali di foglie estinte per recuperare un amico.

Ho fotografato Hitler con la macchina di Franz Block.

Ho rubato il frammento dell’esistenza di Asgard e ballato a piedi nudi sul dorso di un Ungaro Spinato.

Ho bevuto sangria dal Santo Graal e scambiato la mia anima per 5 ciliegie.

Ho addomesticato uno scorpione e l’ho chiamato Phillip.

Ho lanciato i regali dei miei ex nella voragine vulcanica del Monte Fato.

Ho aiutato Trabuco a fare lingotti d’oro e svelato a Ed Foster dove fossero nascosti.

Ho fatto miliardi di cose eppure…

non sono ancora riuscita a rapire

il suo cuore.

V.

“Ho addomesticato uno scorpione e l’ho chiamato Phillip.”

Pubblicità

All’improvviso senza accorgerti

La barca fila come un sogno

tra lucciole e lanterne,

in un luogo di silenzio e di luna,

di domande e di risposte.

Sola,

cammina senza peso

e scioglie i nodi negli occhi,

in quell’indefinito altrove

dove finisce il cielo e comincia la terra.

Tutto si fonde

in una piacevole ambiguità di colori

e di forme incerte…

non si tratta di un gioco di prestigio

ma della magia più alta,

quella che dal nulla crea

i suoi innumerevoli universi.

Incede con passo lento,

la sua ombra si estende

in una geometria sfalsata,

sconfinante da ogni

cosmo immaginabile.

Il suo cuore tachicardico

pareva aver trovato pace,

e ora sibila

come il colpo dell’arco

tra passati lontani

e futuri auspicati.

L’alba dai pallidi toni violetti

riflette il suo sguardo d’ ametista…

uno sguardo

pregno di consapevolezza

e dell’amara rassegnazione,

di non poter condividere

la magnificenza del creato.

Lei però non sa,

che in un momento

di distrazione,

all’improvviso, senza accorgersene…

qualcuno vedrà

la sua scintilla d’anima nell’ombra,

tenderà la sua mano

e le dirà che non è sola

e nello squarcio di una sera

sarà di nuovo primavera.

V.

Quinto Regno

In questa vasca

di deprivazione sensoriale

l’acqua non si oppone

e lascia che io affondi

dolcemente

dentro me…

Mi lascio andare

a tutto ciò che non m’aspetto,

galleggio senza gravità

nel liquido isotermico,

dove il mio corpo sembra adattarsi

gradualmente…

Chiudo gli occhi

non ricordo di preciso di averlo fatto…

mi ritrovo sospesa

come la combustione lattea

che si attorciglia a mezz’aria.

Come brezze in superficie

i miei sensi s’ espandono

ma in un altro dove…

nuoto

in un deserto di folla…

 Solitudini in cammino…

maschere erranti

inconsapevoli s’adoprano

cercando rimedi paralleli…

Troppe voci senza un fine

urlano al silenzio…

eppure sento

l’immensità della corrente

che inesorabile mi porta…

al Quinto Regno…

È tutto così diverso

Quassù…

Quaggiù…

non so dare una indicazione precisa

di dove mi trovo,

non mi sento in alto

e neppure in basso…

sono oltre le percezioni sensoriali umane

qui non si odono frequenze cardiache…

tutto intorno a me

scandisce i battiti…

Non ho paura,

voglio inoltrarmi

lungo le dune

di questo mondo indefinito

senza influenze esterne

ma…

C’è un’ombra che mi cerca

nell’altro mondo

non voglio che mi interrompa,

fermatela!

Ditele che non ci sono.

V.

 

Di seguito trovate gli scatti che hanno ispirato il mio testo, potete seguire questa artista sulle pagine instagram: @railwaysphoto @gea_life_art.

IMG_3264

IMG_3265

 

 

 

Gli specchi

Alzò le braccia al cielo e cadde,

svampando come il ramoscello

arso dalla lava incandescente.

Così, senza un grido od un lamento,

perí l’ultimo nocchier dell’avanguardia.

La flotta, preda d’un terrore ignoto,

ammainati i baldanzosi drappi,

verso il patrio mar volse le prue.

Solo con la forza d’uno specchio,

l’ingegno smisurato d’Archimede

arse le possenti navi senza fiamma.

Fu forse all’ombra del vulcano

ch’egli partorì cotanta furia?

O fu un capriccio di quei Dei

che già pregammo invano?

Oh quante volte ignorarono la prece

d’un popolo in catene!

Qualsiasi cosa fu servì allo scopo.

Per anni le voraci orde dei nemici,

si ritirarono confusi dalla pugna,

tornando mesti sui lor passi.

Ora non salgo più su quelle dune,

ove il mio sguardo perso all’orizzonte,

cercava le vele dell’ennesimo invasore.

Adesso, sgombra da paure e gravi lutti,

ripensando ai flutti che celano i relitti,

quella calma ed accogliente spiaggia,

afflitta dal furor di tanti scontri,

a tutti pare inaccessibile scogliera.

V.

Vulcano Bromo, Indonesia 🇮🇩

Storie

A piedi nudi per la via

un bimbo tira calci

alla sfortuna…

Quasi nudo e sorridente

un altro tira sassi al cielo

mentre finge di volare…

In una via dimenticata

bimbi senza scarpe giocano

con scarti e bottiglie,

regalando ricchi sorrisi.

Dentro una baracca

sotto un ponte

una donna taglia e cuce

vestiti che mai indosserà,

sperando in una vita meno dura.

Un uomo senza denti

e dagli abiti consunti

accompagna il figlio

a scuola

benedicendo il suo futuro.

Storie viste e da vedere,

vissuti veri e giochi duri,

desideri consumati

nei giorni tutti uguali.

Sogni prestati all’occorrenza

imparando a vivere d’istinto

nelle notti senza tetto

finché non mutano le stelle.

V.

Malang, Indonesia.

Brucaliffo

Concludo questa serata fumando del narghilè.

Subisco involontariamente il fascino di certe liturgie profane.

Mi incantano i cerchi di fumo che si compongono, mi fanno sentire come il Brucaliffo.

Il tiepido relax del tabacco e delle parole mi porta a incamminarmi verso viali limitrofi.

Vorrei saper rapire il volto di ciò che muore lungo i solchi di questa sera, mentre l’erba schiocca il tempo al vento e scioglie senza sforzo la mia mente.

Giungo alla fine di un viale, sotto un tronco triste e perso, coi rami tetri, seducenti e un po’ spettrali. Attorno vi è solo terriccio e chiazze violette di petali caduti.

Mi siedo tra le radici fermandomi a cercare tregua cardiaca.

Sono in preda ad una calma feroce, è una strana sensazione.

Qui i pensieri si liberano più facilmente, mi addormenterei volentieri tra le braccia di quest’albero, tra il terriccio morbido, le foglie sgualcite e il tiepido venticello che saprebbe cullarmi fino alla stella del mattino.

Invece abbandono l’idea e allaccio le scarpe riprendendo a camminare.

La via percorsa resta alle mie spalle, quella da scorrere si apre lì davanti e in qualche modo mi riporterà dov’ero prima.

Questo sarà un altro luogo da aggiungere alla mia collezione di posti dove scappare per trovare pace momentanea.

Mi volto a guardarlo un’ultima volta mentre i piedi continuano a camminare.

V.

btucaliffo

Ringrazio Gaia per lo scatto, potete vedere le sue foto su instagram: Railwaysphoto

L’uomo allo Specchio

L’uomo lascia che le mani unite si riempiano dell’acqua gelata che scende dal lavandino.

Esegue meccanicamente il gesto circa una decina di volte.

Pensa che si dovrà sparare in endovena una smisurata dose di caffeina, per riuscire a reggere la giornata che lo aspetta.

Si guarda allo specchio e solca col dito le occhiaie.

Gli occhi sono lievemente arrossati e visibilmente stanchi, pensa che gli farà bene concedersi un’ ennesima serata in casa. Peccato che sia così poco sensato da non andare comunque a dormire prima delle cinque del mattino.

Spera che la caffeina sia in grado di trascinarlo in aria come uno shuttle, per non sentirsi parecchio spossato, provato.

Dovrà farsi venire la voglia di radersi la barba che cresce pigramente da giorni.

Sente di aver perso quel fascino che ha sempre fatto perdere la testa a molte donne.

E’ solo da mesi e l’astinenza si fa parecchio sentire, vuole ritornare in forma al più presto, deve cercare una soluzione.

Crede che al momento, una crepa sulla superficie liscia, sintetizzerebbe meglio uno stato mentale così illeggibile e distorto. Se si guarda allo specchio, stenta quasi a riconoscersi.

Sa che si sente cambiare, forse è la staticità che lo avvelena nel malsano risciacquo del banale.

Magari è solo molto stress.

Quello stress che gli ricorda che sarebbero mancati solo due giorni alla conferenza che forse gli avrebbe cambiato la vita. Ancora non aveva minimamente pensato al discorso da preparare…

La cosa lo rendeva decisamente nervoso e, il solo pensiero di dover essere al centro dell’attenzione, in mezzo a tanta gente, gli creava molta ansia.

Dunque decise di rintanarsi in una stanza d’albergo, la numero 892.

La stessa in cui è solito andare come rimedio per trovare la concentrazione adatta per scrivere.

La stanza era piccola ma piena dei confort necessari, situata in una zona silenziosa appena fuori dalla caotica città.

Dalla finestra si vedono un centinaio di alberi spogli, in file perfette come soldati.

Li trova così affascinanti e soli, sono tanti ma ognuno se ne sta immobile nel suo spazio, nella sua fila, senza che alcun ramo tocchi quello di un altro albero.

La solitudine dei suoi pensieri è dettata dalla sociopatia volontaria che vive. Era da anni che aveva chiuso con le persone che facevano parte della sua vita, diventando una sorta di “eremita da città”.

Continuava a far roteare la penna fra le dita, pensava fosse necessario farla girare spesso, per scrivere cose degne di essere lette più volte. Ama ciò che scrive, fino all’ultima virgola. Scrivere è il suo sistema per sfuggire alla morsa delle banali regole dell’esistere.

Il 13 febbraio è arrivato, l’uomo si guarda allo specchio con aria sempre più stanca ma infondo soddisfatta.

Era riuscito a scrivere ed imparare il discorso ma soprattutto a fare il nodo alla cravatta al primo colpo!.

La conferenza iniziò, una goccia di sudore stava scendendo dalla sua fronte per imperlargli il viso. Non si aspettava così tante persone, tutti quegli occhi puntati lo bloccavano.

Il suo libro era appena stato nominato tra i 5 finalisti al Premio Strega. E uno scrittore italiano non può chiedere di meglio che questo ambitissimo traguardo.

Spinto da altri scrittori seduti attorno a lui, cominciò il discorso uscendone mediamente soddisfatto.

Intrattenne per più di un’ora conversazioni brillanti e, lo champagne che di tanto in tanto arrivava in vassoi lucidissimi era decisamente buono e utile.

Quando il suo discorso finí, poté finalmente allentare il nodo alla cravatta che lo stava quasi impiccando.

Dopo qualche ora era pronto ad andarsene fiero di se e felice, ma… una donna, con due bicchieri di champagne, si avvicinò a lui per complimentarsi del libro con l’aria di aver voglia di intraprendere un discorso. L’uomo l’ assecondò.

Ci vollero pochissimi minuti per rendersi conto che c’era della indescrivibile chimica celebrale.

Quella sera, non fu la sua conferenza a cambiargli la vita ma quella conversazione, ciò che gli disse.

La mente di quella donna era un frattale vivente, una porzione riflessa di un intero più vasto, perfettamente funzionante.

Si era reso conto che stava parlando con un “NonUmano”…

V.

To be continued

La Cura lontana

Al momento, tra gli innumerevoli stati d’animo che mi porto dentro, la nostalgia è superiore a tutti.

Questo perché lo scorso anno, a quest’ora, chiudevo lo zaino di viaggio e aiutavo Jacopo a finire il suo, per poi partire all’alba verso un luogo che mi ha segnata profondamente.

A distanza di un anno potrei raccontare ogni singolo particolare.

È tutto ancora così nitido…ci penso e non reggo il confronto con la realtà attuale.

Cara amata, Cara mia Thailandia, sei riuscita a farmi ripudiare qualunque altro luogo che ho conosciuto, soprattutto quello dove vivo.

Sono qui senza te che resisto all’inverno milanese. È una sconfitta aprioristica per chi è nato col sole dell’estate ed ha vissuto il tuo calore.

Sono qui che sopporto le vuote formalità nel mio adattarsi quotidiano, per vincer l’apatia e resistere alla noia.

Ho l’anima appiccicosa che stancamente arranca, per cercare di riempire i miei vuoti interiori…

Mi sento come il pittore che non riesce a dipingere la nebbia.

Senza stimoli e pulsioni, sembra di percorrere un mondo che va per la sua strada senza un cane che mi ascolta.

Cara Thailandia, Cara Cura, quanto bisogno di una tua purificazione ho adesso, dei tuoi bagliori visibili oltre il margine del buio.

Dei benefici influssi capaci di guidare i miei passi e rendere sottile ogni pensiero infelice.

Ma ora sei lontana e il mio tempo per questo anno manca al nostro incontro.

Ma io arrendermi non voglio, ed arrendermi non posso e troverò una via d’uscita per strappare l’anima al torpore che l’afferra.

V.

Chiang Rai, Thailand

A tavola con persone sbagliate

Mi è capitato di sedermi

ad un tavolo di persone

che con me non c’entravano niente.

Intitolai quella sera:

“Il tripudio ottuso dell’idiozia”.

Il menù della cena si presentava

con l’insensata passività delle idee,

quell’ipocrita ed insulsa pesantezza

che lacera l’acciaio

e si nutre di certezze granitiche,

disgustose

come vermi di filo spinato.

Anche il vino di quel banchetto

mi fu amaro come

il più rancido dei veleni

dunque ci misi poco a decidere

di alzarmi e andar via.

Ripensando a quel momento,

sono solo fiera della scelta che feci.

Uscita dal ristorante

quella notte,

dissolsi il mio tempo

nel più nobile

dei sospiri.

Diedi un bacio alla Luna

e mi sentii più leggera e viva,

promettendomi

di non bere

neanche un goccio di vino

con persone non affini

che avrebbero rubato

anche solo un minuto

del mio tempo.

V.

a tavola con gente sbagliata

 

Piccola Ulisse

Nel mio perpetuo errare alla ricerca di lidi,

ho necessità a volte di riposarmi e trovar pace.

Tuttavia resto nomade nello spirito

e non posso fermarmi in un solo luogo troppo a lungo.

E nemmeno un tempo mi basta.

Spesso, delirando, dubito che sia sufficiente un’esistenza soltanto.

Quando torno a ragionare coi remi della razionalità,

vedo troppi riflessi da placare  nei momenti di bonaccia.

Eppure, la vita che vado inseguendo,

è quella che mi travolge in larghe ondate.

E’ burrascosa e spesso finisce per spingermi in fondo,

ma sempre mi scaraventa al largo,

verso quell’ignoto che mi spaventa e chiama,

seducente come un canto di sirene ammalianti.

Ascoltai quel canto dall’inizio alla fine,

una sinfonia di incontrollabili emozioni

che viaggiano verso il loro possesso.

Ma la vera pace la ritrovo nel riunire

le poche persone che amo intorno al fuoco,

allo scorrere dell’idromele e del vino,

a raccontar storie accadute e non,

a perdersi in mari futili ed irrazionali

che effimeri non sono,

che hanno la consistenza dei sogni. E non è poco.

E narrando tali storie,

volgo lo sguardo verso l’orizzonte

per rimirar il limite estremo ove trova pace

la mia sete d’avventura.

V.

piccola ulisse

Barcelona, Spain