Mi è capitato di sedermi
ad un tavolo di persone
che con me non c’entravano niente.
Intitolai quella sera:
“Il tripudio ottuso dell’idiozia”.
Il menù della cena si presentava
con l’insensata passività delle idee,
quell’ipocrita ed insulsa pesantezza
che lacera l’acciaio
e si nutre di certezze granitiche,
disgustose
come vermi di filo spinato.
Anche il vino di quel banchetto
mi fu amaro come
il più rancido dei veleni
dunque ci misi poco a decidere
di alzarmi e andar via.
Ripensando a quel momento,
sono solo fiera della scelta che feci.
Uscita dal ristorante
quella notte,
dissolsi il mio tempo
nel più nobile
dei sospiri.
Diedi un bacio alla Luna
e mi sentii più leggera e viva,
promettendomi
di non bere
neanche un goccio di vino
con persone non affini
che avrebbero rubato
anche solo un minuto
del mio tempo.
V.
