Delle volte bisogna pensare anche per chi non pensa.
V.
La vidi camminare di sera lungo un viale,
aveva le mani in tasca e lo sguardo verso il cielo,
forse in cerca di stelle o di risposte.
Non la chiamai per salutarla
perché lanciò un improvviso segnale del suo piacere di essere sola
ed io, in quel momento, la capii.
V.
Eppur ti ho amata
più della mia stessa vita,
ma all’istante sei partita
e non avverto le tue dita.
Dimmi dove sei
mia capricciosa amica?
Non irrompe la mania,
né il balenio dell’idea,
non turbi la mia notte,
né delirio or m’inghiotte.
Dimmi dove sei
mia vanitosa amica?
Il calore del tuo fiato,
come te, se dileguato
e non odo la tua voce,
il timbro che seduce.
Dimmi dove sei
mia divina amica?
Mancano i giochi di parole,
la meraviglia che ci vuole,
l’eterna bizzarria,
la smania e la poesia.
Dimmi dove sei
mia perversa amica?
Cerco un’istanza superiore,
per sanar la cecità interiore,
ma già volteggia la ragione
dissenziente alla passione.
Dimmi dove sei
ambrosia nell’arsura?
Senza la tua ebrezza
diserta la bellezza,
l’astro sbaglia cielo
e l’oggi si fa velo.
Dimmi dove sei
Sirena che avvelena?
La tua rosa non ha rosso
e il mare è troppo mosso,
il vento lacera le vele
e il tuo addio è fiele.
Riaprimi la porta
scia di buon profumo,
tra sogni di carta
e nuvole di fumo.
Iago.
Addio bambino,
dormi ora,
dormi e sogna,
allontana la fatica
d’una vita prigioniera.
Dormi ora,
dormi e sogna,
sogni lievi,
dolci, puri
e senza tempo.
Fievoli brezze diradano le nubi,
arcobaleni annullano distanze,
placide onde e assolate spiagge,
profumi intensi e fiori rari,
armonie celesti e suoni nuovi.
Dormi ora,
dormi e sogna,
lasciami i perché
di quel disegno misterioso,
di quella lacrima improvvisa
per non averti conosciuto.
Dormi ora,
dormi e sogna,
Tu puoi passare oltre,
oltre il limite d’un corpo,
oltre il senso del confine,
al di là d’ogni certezza.
E li,
oltre i cardini dei sensi,
senza gioghi ne catene,
esplorerai la libertà senza misura.
Dormi ora,
dormi e sogna,
verrà il lampo a rischiarar la notte,
verrà la pioggia a dilavar la pena,
e Tu, mio nuovo amico,
varcherai la soglia dell’ignoto
nella clessidra d’un sogno.
V.
Questo pomeriggio amarognolo e azzurrino si scioglie nelle mie narici e sminuzza la crosta dei pensieri che si sono sedimentati.
Mi fanno compagnia i passi, col brontolio della gomma sul fango.
Nella via si sgretolano i miei grigi arcipelaghi mentali e, nel lasciare che lo sguardo si perdesse sullo sfondo di quel turchese, ho rivisto un cielo che mi ha rimembrato l’importanza di questo giorno.
Ho pensato di voler rimanere così per sempre, in equilibro sulla cima delle mie sensazioni.
Stati di bellezza così precari non sono facilmente condivisibili. Decadono quando entrano in collisione con chi inconsapevolmente li rifiuta.
Adoro quando entro in questo confine che inizia ai piedi dell’arcobaleno. Mi fa seminare visioni con avidità. Aspetto di raccoglierle nel momento in cui saranno divenute reali.
Aspetto che questo tempo passi, aspetto Te.
V.
Ci stiamo semplicemente adeguando al mondo nuovo, omologati e inconcludenti, senza idee, ambizioni, valori, desideri. . .
Tutto diventa sistema che trasforma le persone in numeri attraverso un ciclo continuo di esperienze e comportamenti ripetitivi che, ossessivamente, ci ostiniamo a chiamare vita.
Perché dovremmo avere rispetto per Noi stessi? A che serve? Chi ce lo fa fare? Perché mai dovremmo sforzarci di pensare? È così bello abbandonarsi e lasciare ad altri l’onere di pensare al Nostro posto!Ma si, abdichiamo!
Adeguiamoci al così fan tutti: facciamoci dire cosa pensare, dove andare, cosa fare e come farlo.
Si, si, lasciamo ad altri questo pesante fardello! Facciamo in modo che siano loro a decidere in quale posto dobbiamo andare e qual è il nostro compito una volta arrivati a destinazione e godiamoci la nostra libertà!
Come posso chiamare queste persone comodamente ignare di fronte ai fatti e seguono il gregge a scapito della verità? Che ne dite di pecore?
Il sistema è stato progettato per farci diventare stupidi, ma non ci ha ancora tolto la facoltà di decidere e, pertanto, possiamo scegliere di farci guidare dagli altri o agire in autonomia.
In definitiva, le pecore sono tali non perché devono esserlo, ma perché vogliono esserlo.
Alcune pecore non sono ignoranti e non sono stupide, vogliono solo essere lasciate in pace e non vogliono pensare ai problemi degli altri.
Vogliono i vantaggi di una società sana ed equilibrata, ma non vogliono mettersi in gioco per renderla una realtà effettiva.
Vogliono che altri facciano funzionare il sistema anche se sanno che questi altri non vedono l’ora di sfruttare la loro inerzia. Purtroppo tutto ciò ha un prezzo e la tirannia esisterà finché le pecore continueranno ad affidare le proprie responsabilità al sistema.
Sanno che non hanno la capacità di difendere il sistema, nel caso si trovassero di fronte un avversario intelligente ed informato e così, sviluppano un atteggiamento di arroganza e disprezzo per chi pone loro delle domande.
L’arroganza è un meccanismo di difesa che ha lo scopo di nascondere la debolezza del loro argomentare. In definitiva cercano di scongiurare le critiche per non impegnarsi in un dibattito legittimo mediante attacchi ad personam e minacce più o meno velate.
Per i loro fallimenti sfoderano una lista pre-programmata di risposte allo scopo di deviare e confondere la discussione.
Di pecore ne ho conosciute tante e i loro attacchi sono prevedibili poiché si basano principalmente sulla diffamazione e sulla distorsione della logica, al fine di far deragliare il dibattito. Non attaccano quasi mai la tua posizione, ma colpiscono soprattutto la tua persona. Ti beffeggiano, ridacchiano, ma quando i giochi sono conclusi ci si rende conto di quanta poca sostanza c’era nelle loro parole.
“Cercate la Verità e rendete partecipe chi vi sta accanto ma ancor più chi ha gli occhi bendati…”
V.
Sei il sale della vita,
la torcia tra le dita,
il volo dell’uccello,
il galoppo del cavallo,
il desiderio degli oppressi,
la fiamma degli amplessi,
l’apertura del cancello,
lo sgravio del fardello,
il respiro del vivente,
il calore dell’amante,
la brama dello schiavo,
il lascito dell’avo,
la fede e l’energia,
la forza e la poesia,
l’angoscia del tiranno,
il lampo senza danno,
la virtù dell’onestà,
il miraggio o la realtà,
il racconto dell’antico,
l’ideale volto in mito,
l’incredibile utopia,
l’indicibile teoria,
la scintilla nel mio cuore,
la speranza che non muore.
V.
Campi di tè, Chiang Rai, Thailand.